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Siti gaming, obblighi e sanzioni: cosa fare

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Siti gaming, obblighi e sanzioni: cosa fare
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In questo articolo si spiegherà come funzionano i siti di gaming, i relativi obblighi e le possibili sanzioni in caso di violazioni. Ad esempio, se un portale offre la piattaforma e le connessioni per l’organizzazione di competizioni di videogiochi per professionisti o agonisti, dovrà rispettare le regolamentazioni degli e-sports.

Questo argomento è simile a quanto già spiegato in merito al gambling. Tuttavia, esaminiamolo più dettagliatamente di seguito.


Siti di gaming e gli e-sport

I siti di gaming e di e-sport stanno proliferando rapidamente e stanno diventando una fonte di guadagno per molti. Tuttavia, quale forma giuridica li definisce e in che modo possono essere considerati in regola? Qui ne illustrerò i dettagli.

Innanzitutto, è importante notare che gli e-sport sono costituiti sotto una forma giuridica di associazione sportiva dilettantistica o società sportiva dilettantistica. Spesso si affiliano a enti di promozione che offrono sezioni dedicate e organizzano tornei appositamente dedicati. Questi possono essere considerati una peculiarità nel mondo dello sport, dato che tali discipline non sono regolamentate e non sono affiliate al CONI. Proprio per questa ragione, non possono usufruire delle agevolazioni fiscali riservate ad altri sport, sia individuali che di squadra


I contratti per i professionisti del gaming

Come accennato in precedenza, gli Esports non godono del riconoscimento ufficiale riservato agli sport tradizionali, ma è importante sottolineare che gli "atleti" - o meglio, potremmo dire, i "cyber-atleti" - lo sono.

La disciplina attuale è rimessa principalmente all'autonomia contrattuale, che include contratti tra squadre, federazioni, associazioni, sponsor, fornitori, e così via. Ma come vengono regolati i contratti di questi professionisti? Un giocatore viene spesso equiparato a un qualsiasi dipendente di un'associazione sportiva, anche se la pratica comune lo identifica spesso come un lavoratore autonomo o un libero professionista.

In pratica, c'è un margine di negoziazione contrattuale inferiore rispetto a un atleta tradizionale. Questa situazione evidenzia una lacuna normativa che dovrebbe essere affrontata al più presto, considerando il crescente numero di giovani che si avvicinano a questo settore.


Regolamentare le posizioni degli streamer

Per iniziare, occorre definire cosa sia uno streamer e come venga regolamentata questa figura professionale. Uno streamer è un professionista che trae guadagno dal proprio lavoro online. La peculiarità del suo lavoro è la trasmissione in diretta, senza registrazione, dei suoi contenuti online (ad esempio, su piattaforme come Twitch).

Emerge quindi un ruolo professionale ben definito anche se, l'inquadramento legale di uno streamer è spesso associato a quello degli "influencer", una categoria più conosciuta poiché operante sulle piattaforme social, ampiamente utilizzate da tutti noi quotidianamente. Anche in questo caso, è importante notare che non esiste un codice Ateco specifico che li definisca da un punto di vista legale e fiscale.


Quali sono le fonti di guadagno degli streamer?

Iniziamo spiegando che gli streamer hanno due fonti principali di reddito: le "fee" (donazioni) e le "sub" (sottoscrizioni). In questo ambito, la piattaforma di punta è Amazon Prime con Twitch. Le donazioni rappresentano atti di generosità da parte dei follower che simbolicamente supportano il loro streamer preferito. Nel secondo caso, gli utenti decidono di seguire periodicamente lo streamer iscrivendosi al suo canale, attivando contemporaneamente le notifiche push.

Da ultimo, non si può trascurare la fonte di reddito predominante che permea l'intero panorama web e non solo: la pubblicità. Gli spazi pubblicitari durante le trasmissioni live sono regolamentati dalla piattaforma o dal marchio. In questo contesto, la soluzione prevede la stipula di un contratto tra il marchio e lo streamer/influencer/player professionista, in cui viene espressamente indicata la clausola che consente l'utilizzo dell'immagine e del nickname del secondo in cambio di un compenso da parte del primo.


Partita Iva degli Streamer

Una domanda che si sente spesso è se gli streamer debbano avere una partita IVA. Dal punto di vista fiscale, questa figura non è tenuta ad aprire una partita IVA, poiché i guadagni da loro percepiti non possono essere considerati una fonte di reddito regolare e continua nel tempo.

Per comprendere meglio, prendiamo un esempio: si immagini di voler promuovere la propria azienda produttrice di tastiere per il gaming attraverso la creazione di un canale dedicato in collaborazione con dei videogiocatori. In questo caso, dovranno essere regolati i rapporti con i videogiocatori, collegando il canale all'Partita IVA aziendale solo se genera profitti significativi. È importante anche stabilire, attraverso un contratto specifico o una clausola in un contratto più ampio, le modalità di utilizzo economico dell'immagine dei giocatori ingaggiati.

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