Marziale già nell’Ottanta dopo Cristo si lamentava di un tizio che recitava i suoi versi dicendo di averli scritti lui. Il plagio, a quanto pare, è una pratica che è sempre esistita ed è quella che più di tutte sembra non essere perdonata dal pubblico.
Possiamo accettare un autore immorale, un autore malvagio, ma non un autore che scopiazza. L’altra faccia della medaglia di questo discorso è la percezione che gli stessi autori hanno del rischio di essere scippati del proprio investimento intellettuale originale e creativo. Tutti gli autori sono terrorizzati, soprattutto chi agli esordi, dalla possibilità che qualcuno rubi le loro opere, ma in questo ambito il terrore e la paranoia non sono necessarie, bisogna soltanto essere prudenti.
Innanzitutto, per rassicurarci, la legge italiana sul diritto d’autore riconosce che la paternità dell’opera si acquista dal momento della creazione della stessa. Non esiste alcuna previsione normativa che impone un obbligo in capo all’autore di adempiere a specifiche modalità procedurali per registrare un’opera e potersi dichiarare suo autore.
I problemi nascono quando l’autore deve provare la sua paternità di fronte a tutti. Si tenga presente che esiste una generale presunzione di legge, la quale statuisce che viene reputato autore dell’opera, salvo prova contraria, chi è in essa indicato come tale, nelle forme d’uso, ovvero è annunciato come tale, nella recitazione, esecuzione, rappresentazione e radiodiffusione dell’opera stessa. Quindi sebbene ci si possa astenere da qualunque formalità in seguito alla composizione, se un domani si avesse bisogno di dimostrare legalmente la paternità di quell’opera durante un processo nei confronti di qualcun altro che afferma la stessa cosa, dovrei provare di esserne io l’autore, da un dato tempo in poi.
Questo significa che, sebbene la legge italiana non mi obblighi a registrazioni, depositi, ecc., la stessa però mi impone di supportare il mio diritto di fronte a un giudice, con prove valide che accertino la mia precedenza temporale nella creazione. Esistono vari modi per provare legalmente di essere autori delle proprie opere: deposito SIAE, raccomandata, validazione da parte di enti pubblici, deposito presso società straniere, deposito dell’esemplare, in Prefettura, archivio di stato, discoteca di stato e servizi di marcatura temporale.
Tuttavia non tutte le prove qui sopra elencate si equivalgono, ma ogni tipologia ha una forza diversa e tra queste, qual è il valore della marcatura temporale e della PEC per proteggere il copyright?
La marcatura temporale è quel procedimento digitale che permette di inserire all’interno di qualsiasi tipo di file, anche se è preferibile il formato pdf, una stringa di metadati indicante una data certa. Non è necessario che i documenti/file siano firmati digitalmente. Il servizio di marcatura utilizza le funzioni di hashing, dove per hash si intende una sorta di impronta digitale che permette di identificare in maniera univoca uno specifico documento.
L’apposizione di tale marca temporale produce l’effetto giuridico di attribuire al documento, o a più documenti contenuti in un unico file, data e ora certe e legalmente valide ad un documento informatico, consentendo quindi di associare una validazione temporale opponibile a terzi. Sono sempre più diffusi in Internet servizi di marcatura temporale ad un costo modesto che offrono un procedimento informatico di certificazione in genere sufficientemente affidabile. Essendo poi la marca temporale un tipo di firma digitale, la legge italiana le riconosce una validità legale limitata nel tempo, rinnovabile, entro la scadenza, ma ovviamente con un’ulteriore spesa e procedura di marcatura.
Inoltre c’è il rischio che se si mette la propria opera nelle mani di privati è sempre possibile che questi, prima o poi, cessino la propria attività: ci si può ritrovare con un deposito da doversi rifare presso qualcun altro (con altre spese, procedure, ecc.) a causa della possibile perdita di valore probatorio del deposito precedente; il deposito successivo potrebbe sempre subire la sorte del precedente, rischiando di rinviare per l’ennesima volta la data certa di creazione tanto che non sempre i fornitori del servizio indicano cosa accadrebbe nel caso di cessata attività;
La Posta Elettronica Certificata è invece un sistema di comunicazione in grado di attestare l’invio e l’avvenuta consegna di un messaggio di posta elettronica e di fornire ricevute opponibili ai terzi. In particolare è interessante ricordare come sia stato sancito un principio di equipollenza tra la PEC e la Raccomandata a/r, che garantisce l’opponibilità a terzi dell’avvenuta consegna. In particolare la data e l’ora di trasmissione e di ricezione di un documento informatico trasmesso tramite PEC sono opponibili ai terzi.
Questa forma di comunicazione, detta “certificata” poggia su di un sistema che consente di dare valore legale ad una mail (ed eventuali allegati), attraverso un meccanismo in cui un gestore del servizio rilascia al mittente una ricevuta circa l’avvenuta spedizione e consegna del messaggio, certificando che il messaggio è stato spedito, consegnato e non alterato. Dunque attraverso la PEC, inviata anche a sé stessi, è possibile attestare data e ora certa e darvi dignità legale oltre che provare l’integrità tanto dei contenuti quanto degli allegati che acquisiscono il medesimo valore legale della scrittura privata.
Affinché questi siano considerati originali è necessario apporre la firma digitale sul documento PDF consente non solo di verificare l’identità di chi ha firmato il documento, ma anche di essere certi che il contenuto del PDF non sia stato modificato dopo la firma stessa, cosa non possibile con altri formati come il DOC di Word. Non mancano tuttavia voci critiche sull’effettiva sicurezza della PEC, senza contare che la certezza della PEC è garantita solo in Italia, poiché all’estero bisognerà effettuare una valutazione caso per caso.
In conclusione c’è da dire che sebbene la posta elettronica non certificata non offra sufficienti garanzie probatorie, la P.E.C. consentirà di avere una data certa perlomeno di invio del file, che ai fini probatori è quanto basta, e che al fine garantire la certezza dei contenuti e degli allegati si potrà ricorrere alla PEC ampliata.