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Non è vero che la diffamazione su Facebook è “a mezzo stampa”

Non è vero che la diffamazione su Facebook è “a mezzo stampa”
03/07/2015
Polimeni Legal

Cattivi (è un eufemismo) giornalisti alla ricerca di click hanno scritto su varie testate, più o meno dotate di credibilità, che la diffamazione a mezzo Facebook è “diffamazione a mezzo stampa”.

Ma non è vero!
La Suprema Corte ha stabilito (a più riprese) che, ovviamente, la diffamazione a mezzo Facebook è “diffamazione con un mezzo di pubblicità”, nel senso che internet è considerato un mezzo ad alta diffusione. La stessa cosa sarebbe per un blog o per un sito internet che non si identifica in “testata”.

La “diffamazione con un mezzo di pubblicità” e la “diffamazione a mezzo stampa” hanno la stessa pena, questo è vero.
Ma c’è un’enorme differenza sul piano del risarcimento del danno: nella diffamazione a mezzo stampa risponde anche l’editore e il proprietario (e chi sarebbe, facebook in persona?), nella diffamazione con un mezzo di pubblicità no. E poi, la diffamazione a mezzo stampa prevederebbe anche la “pena pecuniara privata”, ovvero un’ulteriore voce di risarcimento per l’offeso a titolo di “pena”.

Quindi, chiamiamo le cose con il loro nome: l’offesa tramite un post su Facebook, o tramite un blog, è diffamazione aggravata per l’utilizzo di un mezzo di pubblicità, e non diffamazione a mezzo stampa.
E non c’era bisogno della Cassazione per arrivare a questa conclusione.

-art. 595 del codice penale. DIFFAMAZIONE. Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032.(…) Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.

-Art. 11 della Legge 8 febbraio 1948, n. 47 RESéPONSABILITA’ CIVILE. Per i reati commessi col mezzo della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione e l’editore

-Art. 12 della Legge 8 febbraio 1948, n. 47 RIPARAZIONE PECUNIARIA. Nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, la persona offesa può chiedere, oltre il risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 185 del Codice penale, una somma a titolo di riparazione. La somma è determinata in relazione alla gravità dell’offesa ed alla diffusione dello stampato.

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