All’interno dell’operazione di normativizzazione della rete che si sta tentando di realizzare in quest’ultimo decennio, uno degli aspetti che ha fatto più discutere è il rapporto tra internet e informazione e, di conseguenza, tra siti web e stampa.
Per molto tempo si è discusso sull’applicabilità della legge sulla stampa, l’atavica legge 8 febbraio 1948 n. 47, ai siti web. Gli effetti principali di tale analogia erano da una parte l’individuazione di un responsabile editoriale per ogni sito web, e dall’altra la registrazione obbligatoria per ogni testata.
Equiparando il gestore di un sito Internet ad un responsabile editoriale, si può infatti ipotizzare l’applicazione delle norme (art.57 c.p.) sui reati commessi a mezzo di stampa, e attribuire così al provider l’obbligo di verificare la legittimità di tutto il materiale pubblicato sul proprio server, compreso quello inviato da terzi.
In quest’ottica, il provider diverrebbe corresponsabile dell’illecito del terzo utente sulla base di una culpa in vigilando, consistente nel mancato adempimento dell’obbligo di controllo del materiale inviato sul proprio server.
Ma in quanto alla responsabilità per i contenuti nei siti “informativi”, rimandiamo al paragrafo successivo.
Qui si vuole invece porre l’attenzione su eventuali obblighi che la Legge sembrerebbe imporre al webmaster qualora all’interno delle proprie pagine web svolga un’attività in qualche modo di “Informazione”.
L’argomento, prima oggetto di dibattiti esclusivamente sull’eventuale analogia applicabile al binomio internet – stampa, è stato regolato in modo specifico dalla legge 7 marzo 2001 n. 62 recante “Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla Legge 5 agosto 1981, n. 416”.
E’ proprio l’art.1 di questa nuova legge a sancire il principio secondo il quale i siti internet “informativi” vengono assimilati alla stampa.
Si legge infatti nel testo legislativo che “Per «prodotto editoriale», ai fini della presente legge, si intende il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici.”.
Il dettato della legge è chiarissimo e continua stabilendo che “Non costituiscono prodotto editoriale i supporti che riproducono esclusivamente suoni e voci, le opere filmiche ed i prodotti destinati esclusivamente all’informazione aziendale sia ad uso interno sia presso il pubblico” , ed ancora al terzo comma si legge: “Al prodotto editoriale si applicano le disposizioni di cui all’ articolo 2 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. Il prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del prodotto, è sottoposto, altresì, agli obblighi previsti dall’articolo 5 della medesima legge n. 47 del 1948.”
Il quadro è completo. E’ chiara l’intenzione del legislatore che esclude dall’applicazione della legge i siti “non informativi” e i siti (seppur informativi) destinati ad uso aziendale anche se rivolti al pubblico. Il campo si restringe dunque ai soli siti informativi non aziendali.
Risulta a questo punto indispensabile chiarire il significato di sito che “diffonde informazioni”.
Per informazione si intende l’elemento che consente di avere conoscenza di fatti e situazioni. Sembra poi che questa, all’interno del sito internet, debba essere in forma “strutturata”.
Ai siti che rispondono dunque alla descrizione di “sito informativo” così come da noi caratterizzato, si applicano le disposizioni previste dalla legge sull’editoria del 1948 (ad esclusione delle norme penali in virtù del principio del divieto di analogia in malam partem delle stesse)
Gli articoli chiamati in causa sono l’art.2 e l’art.5 che prevedono due gradi diversi di oneri a cui il sito internet deve adeguarsi.
La legge sulla stampa disciplina infatti tramite i due articoli appena menzionati, due distinte categorie di pubblicazioni: quella generale (ogni stampato non periodico) e quella rappresentata da giornali, pubblicazioni delle agenzie d’informazioni e periodici di qualsiasi altro genere.
Il diverso trattamento si attua dunque in base alla “periodicità” con la quale vengono aggiornati i siti informativi: le pubblicazioni “generali” possono non essere aggiornate periodicamente, i giornali e i periodici invece seguono nelle loro pubblicazioni linee temporali predefinite, costanti e regolari.
Quindi, in base al dettato del terzo comma dell’art.1 della legge 62/2001, ed in base ad una interpretazione “modernizzante” della legge 47/1948, si può configurare uno schema normativo in cui:
- nei siti informativi non aggiornati periodicamente, gli adempimenti previsti sono l’indicazione nella home page dell’anno della pubblicazione ed il luogo da dove vengano caricate le informazioni sul server, la ragione sociale e la sede legale di chi fornisce l’hosting, nonché l’indicazione di chi cura la pubblicazione (editore o autore).
- nei i siti informativi aggiornati periodicamente la legge in commento dispone che il prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del prodotto, è sottoposto all’obbligo di registrazione presso la cancelleria del Tribunale, nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi. Tale registrazione può effettuarsi solo a seguito dell’espletamento di alcuni adempimenti: aver indicato il proprietario della testata, l’editore (se non coincide con il proprietario) e il direttore responsabile, in possesso di tutti i requisiti di Legge (ad esempio deve essere iscritto all’albo dei giornalisti nell’elenco dei professionisti ovvero dei pubblicisti a seconda del tipo di pubblicazione).
La riforma del 2001 sembrava dunque fare sufficiente chiarezza sugli oneri dei siti internet informativi, ma il primo marzo 2002 è stata approvata in parlamento la legge 39/2002 “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunita’ europee. Legge comunitaria 2001”.
L’art. 31 della norma in attuazione degli obblighi comunitari, nel delegare il Governo ad emanare un decreto legislativo sulla direttiva 2000/31/CE, contiene un’interpretazione autentica sull’ambito di applicazione della legge 62/2001, che modifica, di fatto gli “obblighi” previsti da quest’ultima.
Si legge infatti, tra le direttive al Governo, che “deve essere reso esplicito che l’obbligo di registrazione della testata editoriale telematica si applica esclusivamente alle attivita’ per le quali i prestatori del servizio intendano avvalersi delle provvidenze previste dalla legge 7 marzo 2001, n. 62, o che comunque ne facciano specifica richiesta”.
Il terzo comma dell’art.7 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 conferma poi tale disposizione sancendo definitivamente che “La registrazione della testata editoriale telematica e’ obbligatoria esclusivamente per le attivita’ per le quali i prestatori del servizio intendano avvalersi delle provvidenze previste dalla legge 7 marzo 2001, n. 62.”.
Alla luce di tale norma dunque si può affermare, seppur con autorevoli opinioni discordanti, che la registrazione della testata è facoltativa e non obbligatoria, e dovrà essere effettuata esclusivamente qualora il prestatore intenda avvalersi delle agevolazioni (contributi, sgravi fiscali, ecc.) previste dalla legge.
Non sembra dunque applicabile per i siti web il reato di “stampa clandestina”, in tema di responsabilità, così come configurato dal primo comma dell’art. 16 della legge 47/1948, che punisce chiunque intraprenda la pubblicazione di un giornale o altro periodico senza che sia stata eseguita la registrazione prescritta dall’art. 5.
Sembra invece configurabile la “stampa clandestina” come omissione delle indicazioni previste dall’art. 2 della legge del 1948 che a rigor di logica diventano obbligatorie per tutti i siti informativi, anche periodici che non intendano avvalersi dei benefici della registrazione della testata.
La violazione è prevista dall’art. 16 comma II della legge sulla stampa che prevede la reclusione fino a due anni o la multa fino a lire 500.000 (€258.23).