È ottobre e le domeniche di ottobre si sa, sono bellissime. Esco di casa insieme alla mia reflex per andare in quel museo che ogni volta mi riprometto di visitare e passo tutto il pomeriggio a scattare foto agli oggetti d’arte che trovo all’interno, ma:
Posso fare foto? Posso utilizzarle? Posso divulgarle?
Innanzitutto, precisiamo che quello che stiamo fotografando all’interno di un museo è generalmente un “bene culturale”, cioè una testimonianza materiale e immateriale, avente valore di civiltà. Sono “beni culturali” non solo gli oggetti d’arte, ma tutti quei beni che hanno un valore storico, quali libri, documenti, oggetti d’uso comune, vestiti, strumenti scientifici, ecc. che non siano opere di autore vivente o la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni.
Definire un’opera d’arte quale “bene culturale” è operazione imprescindibile per capire nel caso di riproduzioni fotografiche quale normativa applicare se quella del diritto d’autore nel caso non si tratti di “bene culturale”, oppure la disciplina ad hoc. (Ad esempio, in Italia per una catalogazione dei beni culturali il MiBACT ha creato una banca dati consultabile Qui).
Fatta tale premessa, in Italia la normativa che disciplina tutto ciò che riguarda le riproduzioni dei “beni culturali” è prevista nel Codice dei beni culturali all’art. 108, come modificato nel 2017 al fine di adeguare l’impianto normativo alle esigenze dettate dalla circolazione dei contenuti in rete. Dalla lettura della norma emerge un dato rassicurante:
Le fotografie dei beni culturali sono liberamente utilizzabili (ma solo per determinati scopi senza scopo di lucro), ed anche se si tratta di riproduzioni in archivi e biblioteche, fatta eccezione per quelli sottoposti, a restrizioni di consultabilità per la tutela della riservatezza dei dati sensibili e in ogni caso nel rispetto del diritto d’autore.
Libere” non significa solo e semplicemente “gratuite”, ma anche esenti da qualsiasi richiesta scritta di autorizzazione e senza limitazioni in ordine agli scatti.
Ne discende che:
– Posso riprodurre beni culturali attraverso una fotografia, a condizione che tale riproduzione non comporti alcun contatto fisico con il bene, né l’esposizione dello stesso a sorgenti luminose (es. flash), né l’uso di stativi o treppiedi;
– Posso divulgare con qualsiasi mezzo delle immagini di beni culturali, purchè siano legittimamente acquisite, e la loro divulgazione avvenga per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio culturale, per uso personale ed in modo da non poter essere ulteriormente riprodotte a scopo di lucro, neanche indiretto.
Quando dunque ad essere oggetto delle fotografie sono opere custodite in musei, zone archeologiche, oasi o rimesse, e non opere d’arte private, la cui riproducibilità dipende dall’autorizzazione del titolare dei diritti, generalmente, il diritto d’autore non interviene più come strumento di tutela a meno che sul contenuto insistano ulteriori diritti. Per fare un esempio:
se l’immagine fotografica ha ad oggetto una stampa riproducente un’opera in pubblico dominio, possono comunque esistere diritti del disegnatore o dell’incisore, morti da meno di 70 anni. In questo caso occorre un’ulteriore autorizzazione (SIAE sezione OLAF, o eventuale fondazione dell’artista).
In definitiva, le riproduzioni fotografiche di “beni culturali” potranno essere liberamente divulgate e condivise con qualsiasi mezzo per finalità diverse dal lucro, ovviamente, poi, chi è interessato all’uso dell’immagine per finalità commerciali o di lucro (es. per una guida turistica), dovrà chiedere la concessione al sovrintendente della struttura e versare il corrispettivo dovuto. L’autorizzazione indica chiaramente gli usi per i quali l’immagine è concessa, e le limitazioni, anche temporali.