In questi giorni leggo, stupito, che chi guarda partite in streaming, rischia una multa di 30.000 euro. Pare che la fonte di questa strana notizia sia un articolo su l’Espresso, fonte sicuramente autorevole e, solitamente, attendibile. Ma si tratta di un’informazione troppo generica ed allarmista. E’ chiaro che la pirateria va combattuta, perchè rischia di distruggere arte e cultura ancor prima di interessi economici, però è giusto che chi pone in essere condotte illecite, sappia bene a cosa va incontro.
Bisogna fare una netta (e corretta) distinzione tra chi mette a disposizione del pubblico, magari anche per scopo di lucro, un’opera protetta da copyright e chi invece la utilizza a scopo personale.
La legge sul diritto d’autore, la vecchissima 633 del 1941, sembra anziana e datata, ma in realtà è sorprendentemente in grado di regolare le fattispecie relative alle dinamiche di internet, grazie anche alle numerose modifiche effettuate negli ultimi anni.
Il gestore del sito internet che pubblicizza o mette a disposizione contenuti in streaming rischia grosso. La legge prevede la configurabilità di un reato penale per cui la pena arriva addirittura a tre anni di reclusione o alla sanzione di 15.000 euro.
L’ipotesi del singolo utente che, senza fini di lucro e profitto, accede a detti siti internet per guardare una partita, un film, o per scaricare musica o software, è punita dall’art. 174 ter della stessa legge che stabilisce che: chiunque abusivamente utilizza opere o materiali protetti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 154. Una bella differenza con quanto riportato in questi giorni sui giornali.
Ma Attenzione, ci sono due eccezioni:
- la prima è il P2P, e quindi si applica a chi scarica musica o film tramite programmi come Emule o Torrent. In questi casi infatti, oltre a scaricare i files, si contribuisce a diffondere il file stesso, creando nuovi seeders. In questo caso le sanzioni sono simili a chi ha un sito internet e diffonde le opere. La condotta è molto più grave e le pene molto più elevate.
- la seconda riguarda chi utilizza, anche se per uso privato, apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato (come Mediaset Premium o Sky). In questo caso le sanzioni vanno da 2.582 euro a 25.822 euro a seconda che chi pone in essere la condotta illecita lo faccia per uso privato o per uso pubblico.
In conclusione, possiamo affermare che chi guarda in streaming, ad esempio una partita di calcio, rischia una sanzione di €154 (se lo streaming si riferisce ad esempio ad un canale estero non codificato) oppure alla pena minima o quasi di €2.500 se decodifica una canale di Premium o Sky.
Chi guarda un film o una serie tv, invece, non trattandosi di trasmissioni televisive, rischia una sanzione di €154.
Occhio però ai P2P come Emule e Torrent, lì si partecipa alla distribuzione e non solo si rischiano sanzioni maggiori, ma c’è anche la possibilità di essere facilmente individuati tramite un IP (a meno che non usiate VPN che però limiterebbero la velocità di download).
Che dire infine? Qualche anno fa, la casa discografica Peppermint si rivolse al Tribunale di Roma per ottenere il rilascio dei nominativi degli utenti, partendo dagli IP. In quel caso la casa discografica era riuscita ad individuare gli IP degli utenti che scaricavano e condividevano le loro canzoni. Il Giudice ha negato l’accesso ai nomi, sostenendo che il diritto alla privacy è un bene superiore al diritto d’autore e che quindi gode di tutela maggiore.