l caso:
un cliente (Mister M, nome di fantasia) mi contatta, sostenendo di aver ricevuto una diffida a pagare da parte della tedesca Photoclaim, per una violazione (in effetti commessa) del diritto d’autore relativa ad una fotografia di un fotografo italiano. Praticamente Mister M aveva pubblicato sul proprio sito una foto che aveva trovato sul web, senza preoccuparsi (ahimè) del copyright sulla stessa.
Mister M, quando si è rivolto a me, aveva già trovato un accordo con Photoclaim ed era pronto a pagare la somma di €1.200 a titolo di risarcimento. La consulenza che mi richiedeva era relativa alla verifica della legittimità dei documenti che gli erano stati inviati da parte di un legale tedesco, per definire bonariamente la vicenda.
Ricevuti i documenti, non ho potuto far altro che mettermi le mani nei capelli.
La documentazione pervenuta al mio cliente era assolutamente inidonea allo scopo dichiarato ed esponeva Mister M a grandi rischi.
Innanzitutto la persona che sottoscriveva la lettera (forse un legale tedesco) non appariva munita di alcun mandato da parte del suo assistito. Si trattava sostanzialmente di una lettera comune inviata da una persona che “dichiarava” di agire in nome e per conto del fotografo, ma senza produrre alcun mandato e senza prevedere una sottoscrizione dello stesso fotografo. Inoltre, questo signore, non solo non aveva esibito alcuna procura, ma prevetendeva anche il pagamento sul suo conto personale!
Secondo la legge, non solo il legale tedesco avrebbe dovuto mostrare una procura, per agire in nome del fotografo, ma, richiedendo altresì il pagamento sul suo conto personale, avrebbe dovuto mostrare una delega all’incasso, originale e con tutti i requisiti li legge.
Inoltre, nella bozza di accordo preparata da Photoclaim, erano del tutto assenti i dati identificativi del fotografo. C’era un nome, un cognome e null’altro. Come si potevano mai pagare 1.200 euro, ad uno sconosciuto senza mandato, che sosteneva di agire per una persona di cui non ha nemmeno i dati personali?
In ogni caso, essendo le parti della vertenza entrambe di nazionalità italiana e residenti nel nostro paese, la fattispecie avrebbe dovuto essere regolata dal diritto italiano e richiamare espressamente la legge 633/1941. Nel contratto, invece, era presente anche una clausola che indicava la giurisdizione di eventuale vertenza giudiziaria in Berlino. Non si comprende in forza di quale criterio l’eventuale giudizio si sarebbe dovuto svolgere in Germania. Lo si ribadisce: si tratta di due cittadini italiani sottoposti alla Legge nazionale.
Alla luce di ciò, ho consigliato al mio cliente di rifiutare (legittimamente!) qualunque accordo e qualunque pagamento senza che venissero esibiti i documenti di cui sopra, non essendo assolutamente tenuto a pagare a soggetti non legittimati.
Il mio assistito richiese quindi ulteriori delucidazioni al presunto avvocato tedesco.
Bene, l’avvocato tedesco ha così inviato una procura (non italiana, ma sempre tedesca), che conteneva probabilmente anche la delega all’incasso. Tuttavia, la firma del fotografo, che all’apparenza sembrava autentica, si è rivelata computerizzata, proprio in videoscrittura, come sto facendo io in questo momento, realizzata con un font che imitava una firma manuale! Chiaramente il mio cliente si è ben guardato dal pagare.
Si tratta di una vicenda quantomeno strana. Sicuramente poco professionale. E comunque… strana.